Esploratori
della libertà o naufraghi della rivoluzione?
La
domanda, tratta dal titolo dell’interessante saggio di Patrizia Audenino, è
proprio quella che dobbiamo porci quando parliamo degli esuli durante il
Risorgimento, epoca che ha assistito all’Unità d’Italia ma anche
all’emigrazione di molti italiani che andarono in esilio, tra cui una giovanissima
Matilde Serao, autrice e giornalista, insieme al padre Francesco, un
antiborbonico. L’esilio
è un’esperienza senz’altro traumatica e disorientante ma la Serao ci lascia in
eredità un inestimabile insegnamento: possiamo cogliere un fiore incantevole
anche dai terreni più aridi. Nel
caso della Serao, la sua sete di cultura le ha concesso di arricchire la sua
vita, costruendo una brillante carriera da giornalista, insieme al suo collega
Vittorio Imbriani, anch’egli esule quando era bambino. Lo
stesso Francesco Serao seppe trovare la propria resilienza, divenendo
insegnante una volta rientrato in patria con la figlia Matilde. L’oscuro
capitolo dell’esilio ha permesso di scoprire la luce della speranza ma anche la
fede nel progresso, nell’ambizione di costruire una società aperta alla
solidarietà, alla pace e all’unione in ogni sua forma possibile. Per
rifarci al quesito che dà titolo al saggio dell’ Audenino, possiamo rispondere
che gli esuli sono stati naufraghi della rivoluzione per poi divenire
esploratori della libertà, e infine, hanno subito una vera e propria
metamorfosi che li ha resi conoscitori dell’unione e della forza. Il più
prezioso e onorevole dei traguardi. Seppur
lontani dalla propria patria, gli esuli non hanno mai dimenticato il
significato del termine “patria” che etimologicamente indica proprio la “terra
dei padri”, la custode delle nostre radici e tutrice della nostra identità. Come
citava lo scrittore brasiliano Paulo Coelho: “Chi desidera vedere
l’arcobaleno, deve imparare ad amare la pioggia.” E questo è proprio ciò
che hanno fatto la Serao e Imbriani: hanno amato la loro lontananza per
riuscire a realizzare il loro desiderio di tornare tra le calde braccia di
casa. La loro terra. L’Italia. Gli
esuli sono risorti insieme all’Italia. Gli esuli hanno cambiato
l’Italia.
A
risorgere, però, è anche la figura della donna che inizia a farsi portavoce dei
propri diritti. Anna
Maria Mozzoni, autrice femminista della seconda metà dell’Ottocento, lotterà
fino alla fine dei suoi giorni per il diritto di voto femminile e mediante il
suo libro “La donna e i suoi rapporti sociali”, la Mozzoni ci ricorda
che la donna vale quanto un uomo poiché, anch’ella, dotata di intelletto a
sufficienza e di una voce adatta non solo per intonare canti infantili ai
propri pargoli. La
Mozzoni, la Montalcini e la Serao sono soltanto alcuni dei nomi che ci hanno
insegnato l’immenso potere del femminile. Chi
ci dice che una donna non possa salvare il mondo anche con una gonnella
addosso? Chi ci dice che una donna debba avere una gonnella addosso? Le
donne hanno conosciuto il sapore acre del sacrificio, della repressione ma sono
risorte come fenici dalle loro stesse ceneri. Le
donne ci hanno insegnato a non essere indifferenti ai nostri sogni ma ad
afferrare quel sogno e combattere con le unghie, anche se non perfettamente
curate, e con i denti. La
donna è vita. È speranza.